Stefano Aloe

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Cap. 4.2. Boemia)

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.

 

IV, 2 Boemia

Le relazioni di Angelo De Gubernatis con il mondo ceco furono molto meno intense di quelle che lo avvicinarono alla Polonia. Ciò si spiega facilmente con la minore visibilità della questione nazionale ceca rispetto a quella polacca: tutta interna ad un unico impero, quello asburgico, del quale in un passato glorioso era stata nucleo centrale o almeno paritario e non una provincia soggetta alla colonizzazione germanica, la Boemia richiamava poco l'attenzione al di fuori dei propri confini, contrariamente alla Polonia smembrata e vilipesa da ben tre imperi. In Italia, uno dei pochi ad occuparsi con una certa costanza alla cultura ceca era Emilio Teza che, come vedremo, manteneva dei contatti diretti con Praga e conosceva in qualche misura anche la lingua ceca. Per il resto, sporadici episodi giornalistici non potevano certo scuotere l'indifferenza e l'ignoranza degli italiani nei confronti di un popolo che spesso veniva identificato con l'impero asburgico, con tutte le implicazioni negative che si possono immaginare; del resto, tanti soldati del Lombardo-Veneto erano stati boemi e moravi. Tuttavia, nonostante tale situazione complessiva, De Gubernatis aveva piena coscienza dell'individualità nazionale e slava dei cechi, così come in misura molto piů superficiale era al corrente della specifica identità degli slovacchi, dei quali comunque non si occupò mai.[93] Un unico riferimento di qualche interesse agli slovacchi è contenuto nel libro dedicato all'Ungheria, descrivendo le popolazioni della quale De Gubernatis non li poteva certo tralasciare. Nonostante la grande affinità degli slovacchi con i cechi, si avvertivano delle differenze, accentuate per motivi politici soprattutto dal clero locale, che lasciavano presagire uno sviluppo autonomo della nazionalità slovacca:

    La littérature tchèque s’impose aux Slovaques, de même que la littérature croate s’efforce d’exercer son influence sur les Slovènes. Seulement que les Tchèques et les Croates, qui ne cessent de miner la puissance des Magyars, prennent garde; il n’est pas bien certain que le jour où les Slovaques et les Slovènes se détacheraient de la Hongrie, ils se joindraient á eux. Grâce á l’influence de leur clergé catholique, on remarque déjà chez les uns et chez les autres un mouvement séparatiste.[2]

In diverse occasioni, specialmente dalle pagine della «Nuova Antologia», De Gubernatis accennò a tutti questi popoli slavi, in un'ottica che possiamo definire come vagamente panslavista, visto che oltre alla simpatia per le loro istanze indipendentiste e al rimarcare le loro individualità nazionali, De Gubernatis non mancava mai di ribadire la grande omogeneità linguistica e d'usi di tutti i popoli slavi. "La varietà non si trova che alla superficie. Sopra i popoli slavi si ordinarono varie costituzioni politiche; ma il contadino che è l'elemento fondamentale della razza slava, il contadino è rimasto il medesimo", scrisse De Gubernatis con estrema convinzione e consapevolezza.[3]

Per fare un altro esempio significativo, in una "Rassegna delle letterature straniere" del 1879 si questionava il concetto di stato su cui si reggevano i due imperi centrali, quello prussiano e quello asburgico:

    I Tedeschi, popolo di filologi, troveranno sempre ragioni per iscusare la conquista e l'annessione forzata dell'Alsazia; ma non si comprende come tanta parte del Tirolo e dell'Istria che parla italiano abbia a formar parte renitente d'uno stato tedesco; non si comprende come lo stesso stato tedesco abbia a mantenersi con elementi slavi, come sono i Boemi, i Polacchi, i Ruteni, gli Slovacchi, gli Erzegovini, i Dalmati; come lo stato prussiano, dopo essersi formato sopra elementi, in gran parte slavi, debba ancor tenere divisa una parte della Polonia dalle altre due parti. Alla questione delle nazionalità si oppose la suprema ragione dispotica, cieca, violenta dello stato. E così la nazione tedesca, che per sè stessa attirerebbe a sè il rispetto dell'Europa, ne desta invece gli odi ed i sospetti per le sue invasioni de' sacri diritti delle genti slave e latine. È vero che, secondo l'idea dell'Hegel, gli Slavi non contano nella civiltà; [...] diciamo semplicemente che l'Hegel fondava la sua filosofia della storia sopra un'esperienza storica troppo breve. No, non è vero che nella storia de' popoli il passato ed anche il presente bastino ad argomentarne l'avvenire. L'Hegel guardava il suo mondo storico dall'alto come un sovrano, e, da tanta altezza, vedeva solamente ciò che poteva. Egli era troppo poco psicologo e fisiologo per sentire ciò che si muove nello spirito russo, e per misurarne la forza.[4]

Nell'ottica di De Gubernatis, il principio nazionale avrebbe dovuto imporsi in tutto il continente come principio costitutivo di ogni stato, liberando perciò tutti i popoli sottomessi agli imperi; al tempo stesso egli riteneva che tra i nuovi stati nazionali si sarebbero presto generate nuove forme di aggregazione sopranazionale, ma di tipo confederativo, fondate su affinità etniche e culturali: il mondo latino, il mondo slavo, il mondo germanico, ecc. In questa prospettiva, l'impero russo, in quanto incorporava prevalentemente popolazioni slave, veniva criticato da De Gubernatis solo in quanto reazionario e oppressivo, ma non in quanto stato sopranazionale: la Russia avrebbe potuto diventare il nucleo di un entità politica panslava.[5] Per quello che riguarda il popolo ceco, De Gubernatis lo considerava sicuramente come uno dei più progrediti del mondo slavo, ma non si spinse mai ad approfondirne la cultura, forse per la sua più o meno effettiva integrazione nella Mitteleuropa asburgica. D'altro canto, l'archivio di De Gubernatis testimonia di numerosi e significativi contatti con personalità di spicco dell'ambiente praghese. Praga era in quegli anni una città estremamente dinamica e in fermento: la cultura nazionale ceca acquistava autorità sempre maggiore, arginava la germanizzazione impostale per alcuni secoli, rivendicava la propria autonomia in maniera più discreta di quanto le condizioni imponessero ai polacchi e anche ai popoli jugoslavi, ma con indubbia efficacia. In quegli anni fioriva a Praga una grande generazioni di scrittori, fra i quali primeggia il nome di Jan Neruda, ma vanno citati anche Svatoplug Čech, Karolina Světlá, Josef Václav Sládek e Jaroslav Vrchlický, mentre Bedřich Smetana e Antonín Dvořák portavano alla ribalta internazionale la musica popolare ceca. Nel 1881 fu inaugurato il Teatro Nazionale (Národní Divadlo), autentico simbolo della rinascita ceca. Č proprio in questi anni '80 così importanti per la cultura ceca che De Gubernatis, per i suoi interessi enciclopedici e editoriali (il Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, il Dictionnaire international des écrivains du jour, la «Revue internationale») ha l'occasione di contattare personaggi praghesi di grande rilievo. In precedenza, già la «Rivista europea» aveva dato occasionali prove di attenzione nei confronti della cultura ceca, per merito di due collaboratori competenti: uno era Gustavo Strafforello, un poligrafo e divulgatore di letteratura scientifica, ben integrato nell'ambiente culturale mitteleuropeo, che nel 1870 inviò dalla Germania alcune "Rassegne letterarie straniere" dedicate alle nuove pubblicazioni boeme;[6] l'altro era il solito Louis Leger, che aveva vissuto per qualche tempo a Praga e conosceva bene l'ambiente culturale della città, che amava molto. Anche Leger inserì di tanto in tanto nelle sue rubriche notiziole bibliografiche o informative su quello che succedeva a Praga, sebbene esse non furono mai né troppo estese, né troppo approfondite.[7] Fu però merito di Leger se De Gubernatis, alla ricerca di collaboratori per il suo Dizionario, si mise in contatto con Václav Vlček, il direttore della piů importante rivista culturale ceca dell'epoca, «Osvěta», punto di riferimento per i propugnatori della rinascita nazionale ceca.[8] Personaggio estremamente dinamico e rigoroso, Vlček accettò di buon grado di portare il proprio contributo all'opera del collega italiano,[9] e come altri collaboratori reperiti nel mondo slavo, vide tale lavoro come un utile contributo alla divulgazione in Europa della cultura nazionale del proprio paese. Per questo motivo, si attivò immediatamente, superando il numero di schede biografiche indicate in via approssimativa da De Gubernatis: "nehmen Sie lieber mehr Autoren in Ihr. Werke, damit man darin so ziemlich ein Bild en miniature des Böhm. Literatur findet..."[10]

L'interessamento di Vlček per il Dizionario aumenta alla comparsa dei primi fascicoli dell'opera, nei quali il direttore di «Osvěta» constata un certo numero di errori nella stesura dei nomi degli scrittori slavi e delle località indicate. Strenuo fautore del sistema ortografico ceco per la trascrizione dei nomi dal cirillico, il sistema creato dall'eroe nazionale Jan Hus, Vlček era infastidito dall'arbitrarietà delle trascrizioni, incoerenti ed imprecise, di cui De Gubernatis si serviva per i nomi slavi, e che erano in parte improntate sulla pronuncia italiana, in parte del tutto illogiche. Inoltre, la tipografia fiorentina non era dotata dei segni diacritici del ceco e del polacco, con l'ovvio risultato che anche tanti nomi cechi venivano ritraslitterati o riportati nelle loro "nude" lettere. Di fronte a questo approccio così approssimativo (e d'altra parte in linea con i tempi), Vlček offrì di prestare una collaborazione piů impegnativa, rendendosi disponibile a correggere le bozze di tutte le voci slave del Dizionario. Osservava inoltre che "Sehr wünschenswert wäre es, dass Sie für slavische Namen wenigstens folgende Typen hätten: č, ě, ř, š, ž — und wie möglich auch á é í ý"...[11] Il desiderio di Vlček non fu assecondato da De Gubernatis, per quanto egli stesso in occasioni precedenti avesse evidenziato la necessità di una trascrizione coerente dei nomi russi. Va detto che molte trascrizioni presenti nel Dizionario rispondono a questa esigenza, essendo trascrizioni fonetiche improntate sulle leggi ortografiche e di pronuncia dell'italiano: per esempio, troviamo quasi sempre registrato lo akanie (si prenda "Dastaievski"). Ma il risultato fu senz'altro insoddisfacente, ed è indicativo che le traslitterazioni usate da De Gubernatis nel complesso dei suoi scritti sulla letteratura russa sono svariate e arbitrarie. Del resto, la proposta di Vlček si scontrava con i limiti tecnici della tipografia italiana, non usa ai segni diacritici, come del resto non erano normalmente applicati nelle pubblicazioni francesi e inglesi. De Gubernatis recepì però in qualche modo la critica del collega praghese, tant'è vero che pochi mesi dopo in una sua "Rassegna" per la «Nuova Antologia», al momento di segnalare una nuova «Revue Slave» pubblicata a Varsavia, il problema delle traslitterazioni dal cirillico tornava a galla: "dovrebbero nella trascrizione europea de' loro suoni, fissare segni comuni che divenissero popolari".[12] Come si vede, De Gubernatis avvertiva il problema, ma non aveva preso in considerazione la possibilità di adottare il sistema hussiano, che essendo estraneo alla sua esperienza doveva risultargli poco naturale.[13] Negli anni che seguirono, i contatti di lavoro con Vlček rimasero abbastanza proficui. Il redattore di «Osvěta» fornì a De Gubernatis alcuni materiali cechi per la Storia universale della letteratura, e fu invitato a collaborare alla «Revue internationale». Vlček non fu in condizioni di aderire a quest'ultima proposta, si impegnò però a contattare un altro possibile interessato, il giornalista e uomo politico Josef Penízěk (1858-1932) redattore di «Národní listy».[14] Penízěk collaborò alla «Revue» una tantum: un suo articolo piuttosto esteso, La poésie lyrique en Bohęme, venne pubblicato nel maggio del 1884.[15] Si tratta del primo ed ultimo contributo dedicato alla letteratura ceca pubblicato dalla «Revue internationale» durante la direzione di De Gubernatis. In preparazione di questo articolo, Vlček ritornò ancora una volta sul tema delle trascrizioni dei nomi slavi, auspicando che la «Revue internationale» riservasse loro un trattamento piů equo e rispettoso:

    Eines scheint mir unumgänglich notwendig: dass Sie in der Revue böhmische und hüberhaupt slavische Eigennamen nicht transkribiren; dies geschieht je mit englischen, französischen, deutschen, etc. Namen nicht: warun sollen slavische Namen durch Transkription bis zur Unkenntlichkeit verunstaltet werden? [...]. Es ist lächerlich, wie z.B. der einfache Name Игнатьевъ = Ignatěv, wenn er Ignatiew oder Ignatieff transkribirt wird, auf zehnfache Weise von Franzose, Engländern, Deutschen u.s.w. falsch, und wie falsch ausgesprochen wird! Es ist von europäisch gebildeten Publikum nicht viel gefordert, dass es weiss, wie č, š, ř, ž, ě auszusprechen, es ist somit besser z.B. immer Žiška zu schreiben und zu drucken, als es französisch etwa Jijca, deutsch Schischka zu verunstalten; wenn man Gorčakov französisch Gortschakoff, wenn man Černyševskij französisch Tchernychevski oder deutsch Tschernyschewski druckt, so entstehen eben wahre Monstra fürs Auge, und linguistische Ignoranten meinen, Gott weiss wie ungeheuerlich slavische Namen lauten!.[16]

Le argomentazioni di Vlček caddero nuovamente nel vuoto. Né De Gubernatis né il suo editore si preoccuparono di migliorare l'impianto tipografico di una rivista che aveva serissimi problemi economici e che sin dall'inizio si era distinta in negativo per la cattiva qualità della carta e dell'impaginazione. Lo stesso interesse di De Gubernatis per l'attività redazionale andò scemando e i contatti con Vlček, come con tanti altri collaboratori piů o meno occasionali, si esaurirono. Ma inizialmente, alla ricerca di un corrispondente dalla Boemia, De Gubernatis non si rivolse soltanto a Vlček; si conserva la risposta di uno dei massimi poeti cechi, Jaroslav Vrchlický (1853-1912), consultato allo stesso proposito alla fine del 1883.[17] Vrchlický declinò l'offerta con gentilezza, ma si dichiarò ben disposto all'eventuale traduzione per la «Revue» di qualche sua poesia. Riporto integralmente la lettera, conservata in una voluminosa cartella di "illeggibili":

    Prague 27 Décembre 1883

      Monsieur,

    Je Vous remercie de l'honneur, que Vous m'avez rendu en m'invitant à la collaboration de Votre "Revue".

    Mais pour ętre sincère, je ne suis que poëte et je prends la plume d'un essayiste seulement par la necessité, s'il faut faire connaître à mes compatriotes quelque grand poëte d'Italie ou de la France, dont j'étudie les littératures avec d'amour. Pour le brilliant cercle de Vos collaborateurs mon pauvre nom serait vraiment un peu obscure. Si je pouvrais autrement aider à Votre oeuvre je le ferai sans doute tout de suite et avec plaisir. Malheureusement il est difficile de reproduire les poésies d'une langue si differente comme la notre; mais s'il Vous faut des vers je suis toujours pręt à Vous en envoyer.

    Veuillez agréer mon illustre et cher monsieur les sentiments de mon admiration bien sincère

    J. Vrchlický[18]

La proposta di Vrchlický non ebbe seguito, sulla «Revue» il suo nome non compare. Un paio di anni dopo, invece, De Gubernatis accettò di buon grado di recensire sulla «Revue internationale» un'antologia di traduzioni poetiche dall'italiano (Poesie italská nové doby (1782-1882), sestavil a predlozil Jaroslav Vrchlický, V Praze, 1885) che Vrchlický gli aveva mandato personalmente con una breve lettera.[19] La recensione all'antologia era lusinghiera nei confronti del traduttore, delle sue scelte di autori da antologizzare e piů genericamente nei confronti della bellezza insolita della lingua ceca.[20] Una recensione piů breve, ma dello stesso tenore, apparve un mese dopo di questa nella "Rassegna delle letterature straniere" della «Nuova Antologia»; la si può riportare per intero:

    I poeti italiani hanno avuto di recente una fortuna e un onore insperati. Jaroslav Vrchlicky ebbe la pazienza di leggere cento e trentun poeti italiani moderni, morti e vivi, ma specialmente vivi, di dare di ciascuno uno o più saggi poetici tradotti fedelmente in boemo, possibilmente nello stesso metro dell'originale. Lavoro arduo, diviso in dieci libri, che formano insieme tutta una crestomazia, dedicata a Tommaso Cannizzaro, il valente poeta messinese, che ha contribuito a guidare il chiaro traduttore nella scelta de' poeti da tradurre, e gli fornì alcune notizie biografiche; poiché ad ogni saggio precede una breve e benevola notizia biografica sull'autore. Noi non siamo troppo avvezzi a queste carezze straniere; le carezze boeme ci giungono poi novissime. Dobbiamo quindi tanto più esser grati al Vrchlicky che affezionatosi alla nostra lingua e alla nostra poesia volle trapiantare nella sua patria gli ultimi fiori del nostro giardino poetico.[21]

Gli stretti legami di Vrchlický con l'Italia permisero che la sua attività letteraria si incrociasse una volta ancora con quella redattoriale di De Gubernatis nel 1894. Fu infatti l'eruditissimo Emilio Teza, con cui De Gubernatis ebbe un rapporto molto intenso sin dall'inizio della propria attività scientifica e culturale negli anni '60, a segnalare all'amico una propria traduzione dal ceco di una novella di Vrchlický, con il quale si conosceva personalmente, da pubblicare su «Natura e arte». Una delle ottanta lettere di Teza a De Gubernatis riguarda per l'appunto questa traduzione. Teza, che era senza dubbio il più autorevole esperto di letteratura ceca nell'Italia di allora,[22] promuove la novella di Vrchlický in maniera molto convincente:

    Ho qui una novella boema, buona, graziosa, di argomento piccino piccino, ma raccontata molto bene, come l'idillio di un vecchio. L'autore è un grande poeta, e, tra i boemi di adesso, il primo è Jaroslav Vrchlický o, con nome più onestamente leggibile, Emilio Frida. Egli mi prega di offrire la traduzione, la quale, nella sua imitazione dello <...> boemo, non mi pare pessima.[23]

La breve novella fu puntualmente pubblicata su «Natura e arte» nel primo fascicolo di luglio di quello stesso 1894, e rappresenta l'unico contributo boemistico della rivista durante la direzione di De Gubernatis.[24] In quanto ai suoi contatti personali con Vrchlický, vanno segnalate un'ultima breve lettera indirizzatagli dal poeta ceco nel 1897 in accompagnamento ad un altro suo volume,[25] e l'augurio in versi che Vrchlický indirizzò per il cosiddetto "Giubileo De Gubernatis", la celebrazione del sessantesimo compleanno dell'erudito italiano.[26]

Vrchlický non è l'unico scrittore ceco importante ad essere entrato in contatto per motivi svariati con Angelo De Gubernatis. Un altro noto poeta, Josef Václav Sládek (1845-1912), diede un piccolo contributo di notizie bio-bibliografiche di autori boemi per il Dictionnaire nel 1888.[27] Anche il romanziere Alois Jirásek (1851-1930) aderì garbatamente alla richiesta di De Gubernatis a proposito del Dictionnaire, mandando le proprie notizie biografiche con l'augurio che la nuova edizione dell'opera fosse valida e fortunata come la prima.[28]

Vanno infine ricordati due poeti ben noti della Praga dell'epoca: Eliška Krásnohorská e Adolf Heyduk, la prima estremamente fiera del proprio ruolo nella letteratura ceca, il secondo con un atteggiamento molto più modesto e quasi umile. Adolf Heyduk (1835-1923) rispose all'invito di De Gubernatis di inviargli proprie notizie bio-bibliografiche per il Dizionario o per il Dictionnaire (la lettera di Heyduk è senza data), allegando a tali notizie una breve lettera d'accompagnamento: "Monsieur, Votre célébrité a bien voulu m’adresser une lettre à qui je réponds respectuesement, étant fier de la rare fortune dont Vous honorez mes faibles et modestes oeuvres..."[29]

Anche Eliška Krásnohorská (1847-1926) scrisse per soddisfare le esigenze del Dictionnaire, elencando dettagliatamente la propria attività degli anni '80:

      Monsieur!

    En Vous remerciant des égards bienveillants dont Vous m’honorez, j’ai le plaisir de Vous nommer les titres des ouvrages qui j’ai publiés depuis 1880:

    collections de poésies “K slovanskému jihu” (Vers le midi slave), - “Vlny v proudu” (Flots du torrent), - “Letorosty” (Branches de printemps);

    poèmes épiques “Vlaštovički” (Les hirondelles), - “Šumavský Robinson” (Le Robinson de Šumava);

    une traduction de l’épopée polonaise “Pan Tadeusz” par Adam Mickiewicz;

    librettos d’opéra “Hubička” (Le baiser), - “Tajemství” (Le secret), - “Čertova stěna” (Le mur du diable), - “Blaník” (Blanik), - “Karel Škreta” (Charles Screta), - “Dítě Tábora” (L’enfant du Tabor);

    drames “Dědic ducha” (L'héritier du génie), - “Harantova žena” (La femme de Harant, - par Krásnohorská et François Dvorský);

    livres en prose “Povídky” (Récits), - “Z tajemných říší (Régions mystérieuses), - “Domov” (Le lieu natal).

    Agréez, Monsieur, l’expression de mon dévouement parfait et des mes sentiments les plus respectueux.

    Votre humble servante

    Elise Krásnohorská

    Prague, le 28 février 1888[30]

Eliška Krásnohorská partecipò alcuni anni dopo all'iniziativa colombiana di De Gubernatis, insieme ad alcuni altri illustri connazionali. La stesura delle pergamene boeme fu affidata allo slavista Konstantín Jireček (1854-1918), che ne mise insieme quattro: una della Regia Societas Scientiarum Bohemica (di cui da poco tempo lo stesso De Gubernatis era membro corrispondente), una seconda dell'accademia ceca, una terza dell'università carolina e un'ultima affidata ad un'associazione culturale femminile, il "Česko-američki klub dam v Praze".[31] A nome di quest'ultimo "klub", Eliška Krásnohorská compose e trascrisse sulla pergamena una quartina in onore della scoperta dell'America, terra della libertà e dell'emancipazione femminile:

Tut' země svobody, jež Tebou odkryta!
I ženě svoboda tam nejdřív dobyta,
Hle, ženy národa, jenž pro svobodu hoří,
se Tobě, genie, a svobodě se koří!

Segue la firma della poetessa, accompagnata da quelle delle altre socie del club.[32] Delle altre tre pergamene, quella dell'università venne redatta, per un malinteso, da una sola persona, lo storico Josif Durdík, mentre le altre due raccolsero le firme e brevissime frasi di circostanza fra gli altri di Jaroslav Vrchlický, J. Hlavka, Konstantín Jireček.[33]

 

  1. Per completare il panorama degli slavi occidentali, possiamo rammentare le informazioni di Louis Leger a proposito dei serbi lusaziani, pubblicate sulla «Riv.eu.» (L.L., "Not. lett. slave", giu.1874, pp.204-205) e ribadite durante la preparazione del Dizionario (vedi la lett. cit. di L.Leger, s.l. s.d. [Paris 1878], BNF, cart.DG 75, 11).
  2. DG, La Hongrie..., cit. , p.40.
  3. «N.A.», "Rass.lett.stran.", ott.1879, p.749. Bisogna dire che nel 1897, a Belgrado, De Gubernatis nel dichiarare una "grande illusion" l'ideale panslavista, rimarcava la grande differenza tra i vari popoli slavi, accomunati, a suo dire, dalla sola lingua, ma facenti parte addirittura di razze diverse (Vedi oltre, il capitolo su serbi e croati).
  4. «N.A.», "Rass.lett.stran.", sett.1879, p.367.
  5. L'avversione dei nazionalisti polacchi per ogni forma di unione politica dei popoli slavi era perciò duramente criticata da De Gubernatis, che in un'altra "Rassegna" riferiva con indignazione di un articolo di Klaczko apparso sulla parigina «Revue des deux mondes», il quale si era messo a «insultare gli Slavi recatisi al congresso del 1867 di Mosca, e a burlarsi "des societés peu ou prou savantes de Prague, d'Agram, etc."...» («N.A.», "Rass.lett.stran.", ott.1879, p.750).
  6. G.Strafforello, "Rassegna letteraria straniera", in «Riv.eu.», ago.1870, pp.585-587; set.1870, pp.144-145; nov.1870, pp.541-542. In particolare, nella prima di queste rassegne Strafforello disquisisce sul ruolo e l'influsso di Byron sulla letteratura russa e su quella boema.
  7. La più significativa annunciava la morte dello storico František Palacký, di cui veniva delineata una biografia (L.Leger, "Mondo slavo. Notizie letterarie", in «Riv.eu.», lug.1876, pp.377-380).
  8. Vedi la lett. s.d. più volte citata di Leger a DG, dove lo slavista francese consigliava di inviare 20 schede biografiche da compilare "à M. Vlček directeur de la Revue Osvěta, (Ostrovní Ulica N.6) Prague. C'est la Revue la plus sérieuse de la Bohême". Sempre nella stessa lettera, Leger segnalava l'utilità di servirsi dell'ottima enciclopedia ceca: "Si vous auriez sous la main une personne sachant le tchèque, il serait fort utile de vous procurer l'encyclopédie tchèque (Naučny Slovnik) 11 vol. in 8° dans laquelle aucun contemporain distingué des Pays Slaves n'a été omis". Però De Gubernatis, per oggettivi problemi, non se ne servì.
  9. Vedi V.Vlček, Prag, am 12. December 1878, BNF, cart.DG, 132,48. Le lettere di De Gubernatis a Vlček sono conservate a Praga, nell'archivio del Museo nazionale (Národni Museum, A.DG, 4 lett. e 3 corr. a V.Vlček, Č. přír. 1/67, fond Vlček). A quanto risulta dall'indicazione dell'archivio, che non ho potuto consultare, esistono anche tre corrispondenze di De Gubernatis, evidentemente scritte per «Osvěta», sulle quali non dispongo di maggiori informazioni.
  10. V.Vlček, Prag, am 12.Januar 1879, BNF, cart.cit.
  11. v.Vlček, Prag am 22 Februar 1879, BNF, cart.cit.
  12. «N.A.», "Rass.lett.stran.", mag.1879, p.333.
  13. Il Dizionario di De Gubernatis attirò l'attenzione anche dei redattori dell'enciclopedia ceca, l' Ottův Naučný slovník , che insieme ai pregi dell'opera rilevarono, a loro volta, la grande quantità di errori e di inesattezze delle voci slave. Durante la preparazione del Dictionnaire giunse perciò la seguente proposta di collaborazione da parte del pubblicista Josef Kořán: «Messieurs, par notre collaborateur M. Lepař nous venons d'apprendre que vous préparez une édition d'un Dictionnaire des auteurs contemporaines vivants. En nous servant de votre Dizionario biografico nous nous sommes aperçus des beaucoup d'errata dans les titres et des lacunes dans les biographies des auteurs slaves. Comme nous publions instamment par livraisons un Dictionnaire encyclopédique tchèque (Naučný slovník), nous sommee en état de vous fournir les dates les plus exactes sur tous les auteurs slaves, spécialement tchèques, polonais, serbes, russes, et nous vous offrons ces articles faites sur ces matériaux par notre rédacteur spécial de la partie romane. En échange Vous vous nous obligeriez beaucoup par la complaisance de nous fournir les articles sur les auteurs vivants des nations romanes» (J.Kořán, Prague, le 13 mars 1888, BNF, cart.DG, 71,37).
  14. «Herr Penízěk hat Ihnen zweifelsohne schon selber geschieben; es ist bereit Korrespondenzen über böhmische Sachen für Ihre werte Revue internationale zu schreiben und wird sie gewiss gut und verlässlich unterrichten» (V.Vlček, Prag am 28 Nov.1883).
  15. J.Penizek, La poésie lyrique en Bohême , «Rev.int.», mag.1884, pp.649-667.
  16. V.Vlček, Prag am 29 Nov. 1883, BNF, cart.cit. Come soluzione Vlček propone che la tipografia che stampa la «Revue internationale» acquisti a Praga i caratteri tipografici che le mancano.
  17. La lettera di De Gubernatis è conservata nell'archivio del Národni Museum, Č. inv.996, Č. přír.74/64 (fond Vrchlický).
  18. J.Vrchlický, Prague 27 Décembre 1883, BNF, cart.DG, 149,1 [ill.], f.413.
  19. Vedi J.Vrchlický, Praga 1885, BNF, cart.DG, 149,1 [ill.], f.410.
  20. «Rev.int.», "Bulletin des livres", VI,5, mag.1885, p.718-719.
  21. «N.A.», "Rass.lett.stran.", giu.1885, p.734.
  22. Vedi J.Marchiori, Emilio Teza traduttore di poesia popolare serbo-croata , Padova, 1959; C.Frati, Bibliografia delle opere di Emilio Teza , in «Atti del Regio Istituto vento di scienze lettere e arti», VXIII, 1, 1913-14.
  23. E.Teza, Padova, 2 marzo 94, BNF, cart.DG, 121,61.
  24. J.Vrchlicky, Santa illusione . Novella, traduzione dal boemo di E.T., III,15, 1 lug.1894, pp.230-235.
  25. J.Vrchlický, 1897, BNF, cart.DG, 150,1 [ill.], f.167.
  26. Nell'archivio DG non si conserva l'autografo di Vrchlický, ma solo una sua copia fotografica. I versi sono per me di problematica lettura: «Jedním <ohnem-obrem> ducha Tvého Orient se <...>, / druhým <ohnem-obrem> Italie zpívá a se <...>; / velký život, velká práce, svoboda a lidovost / balvany ty <záhledá> <dve> lidové epopeje...» (J.Vrchlický, Praha, 24. III. .900, BNF, cart.DG, 148,4 [Giubileo DG], f.81).
  27. J.V.Sládek, Prague 19.9.1888, BNF, cart.DG, 116,67.
  28. A.Jirásek, Litomiši le 17 février 1888, BNF, cart.DG, 54,25.
  29. A.Heyduk, s.l. s.d., BNF, cart.DG, 68,80.
  30. BNF, cart.DG, 71,52.
  31. Vedi K.Jireček, Prague, Vinohrady, 16 Avril 1892, BNF, cart.DG, 140,1, f.78 [Albo di Colombo]; vedi anche Id., Prague, 1892, BNF, cart.DG, 150,1, f.283 [ill.].
  32. Albo di onoranze internazionali a Cristoforo Colombo, inziato da Angelo De Gubernatis e Cecilio Vallardi, Roma-Milano, 1892, p.124.
  33. ibid. , pp.120-123.
На Растку објављено: 2008-07-01
Датум последње измене: 2008-07-01 13:47:05
 

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